A cura di Luca Meringolo
Nella serata di ieri giunge la triste notizia della sua scomparsa. Definirlo semplicemente un giornalista è riduttivo. Gianni Minà ha rappresentato un uomo a tutto tondo, capace di passare da una tematica all’altra, con uno stile e una sensibilità fuori dal comune.
LE ORIGINI – Gianni Minà nacque a Torino il 17 maggio 1938 da una famiglia di origine siciliana. All’età di 21 anni, nel 1959 cominciò la sua carriera da giornalista con Tuttosport, di cui fu successivamente direttore dal 1996 al 1998. L’anno successivo debuttò in Rai occupandosi dei servizi sportivi sui Giochi Olimpici di Roma. Nel 1965, dopo l’esordio al rotocalco televisivo di genere sportivo Sprint, diretto da Maurizio Barendson, iniziò a realizzare vari reportage e documentari per rubriche, che nel corso del tempo, hanno contribuito a far evolvere il linguaggio giornalistico della televisione, come Tv7″, “AZ, un fatto come e perché”, “Dribbling”, “Odeon. Tutto quanto fa spettacolo” e “Gulliver”. Insieme a Maurizio Barendson e Renzo Arbore fu uno dei fondatori dell’altra domenica, programma televisivo in onda su Rete 2 (oggi Rai 2), dal 1976 al 1979. Sempre nel 1976, Gianni Minà venne assunto al Tg2 diretto da Andrea Barbato e iniziò a raccontare la grande boxe e l’America dello show-business, ma anche i conflitti sociali delle minoranze. Nel 1981 il Presidente della Repubblica Sandro Pertini gli consegnò l’ambito e prestigioso Premio Saint Vincent come miglior giornalista televisivo dell’anno. Nello stesso periodo, dopo aver collaborato al programma Mixer di Giovanni Minoli, Gianni Minà esordì come autore e conduttore nell’innovativo “Blitz”, un programma che occupava tutta la domenica pomeriggio e nel quale intervennero, nel corso del tempo grandi personalità del mondo dello spettacolo e non solo. Fra gli altri Federico Fellini, Giulietta Masina, Sergio Leone, Eduardo De Filippo, Robert De Niro, Jane Fonda, Betty Faria, Gabriel García Márquez, Enzo Ferrari, Fabrizio De André, Giorgio Gaber, Léo Ferré, Tito Schipa Jr. e Muhammad Ali. Nel 1987 il giornalista piemontese divenne famoso e conosciuto in tutto il mondo grazie ad un’intervista di sedici ore con Fidel Castro, il presidente cubano, per un documentario da cui venne tratto un libro: il reportage intitolato Fidel racconta il Che. Tale intervista venne poi replicata nel 1990, successivamente al tramomto del comunismo. Le due interviste furono poi riunite nel libro “Fidel”.
LA PASSIONE PER LO SPORT- Minà, nel corso della sua carriera da giornalista, seguì otto mondiali di calcio e sette olimpiadi, oltre a decine di campionati mondiali di pugilato, fra cui quelli, diventati storici e indimenticabili, dell’epoca e dei grandi trionfi di Muhammad Ali. Tra l’altro l’incontro più bello della sua carriera professionale venne definito, dallo stesso Minà, proprio quello con Ali. L’incontro più bello? “Quello con Muhammad Alì, il più grande di tutti, perché ha rotto un sistema, una cultura. All’inizio di ogni intervista, esordiva sempre con le sue idee di riscatto per il popolo nero e enumerava tutto quello che un nero americano non era riuscito ad avere nella vita: ‘Tutti hanno una terra per la quale lottare, combattere… tutti. Solo noi, solo i neri d’America non hanno una terra di riferimento’. Purtroppo le sue battaglie non hanno prodotto grandi cambiamenti, ma non mi sento di dire che ha perso”. Il personaggio che avrebbe voluto incontrare senza riuscirci? “Sicuramente Nelson Mandela, ci siamo rincorsi: una volta non potevo io, una volta non poteva lui. E l’ho perso, come ho mancato l’intervista a Marcello Mastroianni, una persona gentile e ironica”. Cosa avrebbe fatto se non fosse diventato il giornalista? “Sono nato giornalista, lo sono stato, lo sono e lo sarò”, aveva sottolineato un anno fa, in occasione della presentazione al Bif&st del docufilm ‘Gianni Minà – Una vita da giornalista’. Il grande giornalista di origini piemontesi, ma dal lessico familiare identificato nel siciliano stretto, come aveva avuto modo di affermare, viene ancora oggi ricordato e celebrato anche grazie alla realizzazione di importanti documentari di carattere sportivo su Nereo Rocco, Diego Maradona, Michel Platini, Ronaldo, Carlos Monzón, Nino Benvenuti, Edwin Moses, Tommie Smith, Lee Evans, Pietro Mennea e Muhammad Ali (al quale ha dedicato un lungometraggio intitolato “Cassius Clay, una storia americana”).
LA SENSIBILITA’ – Gianni Minà era, prima che un grandissimo giornalista, una persona cordiale d’altri tempi. Aveva una grande sensibilità e riusciva con grande sagacia a raccontare e a rendere più “umane” e più vicine allo spettatore le celebri personalità con le quali aveva costantemente avuto a che fare, nel corso della sua lunga e rinomata carriera professionale e non solo. Ricordo con grande piacere e con un velo di commozione una delle sue più celebri affermazioni: “Mi hanno sempre attratto persone capaci di andare controcorrente, anche a costo dell’isolamento, della solitudine. Persone capaci di raccontare storie, di mostrare visioni altre. E inevitabilmente hanno acceso la mia curiosità, perché, come diceva il mio amico Eduardo Galeano, capace di raccontare la storia dell’America Latina attraverso racconti ironici e apparentemente non importanti, fatti di cronaca, ‘il cammino si fa andando’, non sai mai dove queste storie ti possano portare. E’ il bello della vita, tutto sommato”. Per descrivere Gianni Minà basterebbe visionare sul web, un estratto video del programma “Alta classe” (1992), in cui Massimo Troisi scambia battute ironiche con lo stesso Minà sulla sua agenda: ” Alla lettera F: Fidel Castro! Alla lettera T: Fratelli Taviani, Little Tony, Toquinho e Troisi!”
L’EREDITA’ LETTERARIA – Oltre ad aver collaborato per anni con grandi quotidiani come Repubblica, l’Unità, Corriere della Sera e Manifesto, Gianni Minà ha scritto numerosi libri tra cui ricordiamo: Il racconto di Fidel (1988), Un continente desaparecido (1995), Storie (1997), Un mondo migliore è possibile. Da Porto Alegre le idee per un futuro vivibile (2002), Politicamente scorretto (2007), Il mio Alì (2014), Così va il mondo. Conversazioni su giornalismo, potere e libertà (2017, con G. De Marzo), Storia di un boxeur latino (2020) e Non sarò mai un uomo comune (2021).
CONSIDERAZIONI FINALI – Gianni Minà è stato un grande innovatore e rivoluzionario. È riuscito a far avvicinare al suo mondo persone diverse con interessi diversi. Un grande comunicatore e un grandissimo giornalista. La sua scomparsa, annunciata sul suo profilo Facebook da parte dei suoi familiari, è stata come una fitta al cuore, non solo per chiunque lo avesse conosciuto, ma anche per coloro che lo hanno vissuto e sono cresciuti “parallelamente” insieme a lui. Le reazioni riguardanti il suo ricordo rappresentano bene ciò che ha lasciato su questa terra. L’immagine di una persona, non solo con una grande competenza nel suo ambito, ma capace di farsi amare e apprezzare da chiunque. Chi sogna e chi vuole intraprendere la carriera da giornalista deve certamente tenerlo presente e prenderlo come modello di riferimento. Minà era un esempio e lo sarà per sempre. Il suo ricordo non svanirà mai e vivrà per sempre nei nostri cuori.