Un reportage ai confini della povertà

Diciamoci la verità, chi nella vita almeno una volta non ha sognato di andare in Africa?
La meta degli avventurieri, dei fotografi e dei viaggiatori. Un mondo nel mondo che da sempre ha affascinato intere generazioni, eppure, nonostante i suoi suggestivi paesaggi, in questo primitivo luogo si nascondono alcuni dei mali più grandi del mondo.
Nairobi. Capitale del Kenya con una densità demografica di 4,5 milioni di abitanti è la più grande città dell’Africa Orientale, nonché punto cardine della politica e dell’economia del paese, eppure, nonostante la sua moderna bellezza, a soli 10km di distanza le porte dell’inferno si aprono sulle vie dei bassi fondi degli slums.
Sono le 120 baraccopoli del Kenya, vissute dai dimenticati, una fetta di persone che sopravvive ai limiti della decenza umana, in condizioni di squallore e disagio ambientale, il martirio dei viventi che non vede fine. Frutto di azzardati investimenti e pessime decisioni governative, come quella dello slum di Dandora, che dopo un investimento iniziale di 30 milioni di dollari della World Bank in un accordo con il governo del Kenya tra il 1972 e il 1975 che avrebbe dovuto generare quasi una seconda Nairobi, oggi sorge uno degli slums più brutali del paese. Un posto che non perdona, squallido e crudele dove si lotta per la sopravvivenza, dove le “abitazioni” non superano i due metri quadri di spazio e dove il sovraffollamento regna incontrastato, e la sola speranza sono le ONG come Alice for Children e le fondazioni religiose che da tempo operano nelle baraccopoli al fine di tutelare il più numero di persone possibile.
Tra queste persone figura anche il Preside Thomas Amunga, Direttore del Claires Community Centre di Dandora.
“Dandora è un posto brutale, non è facile abituarsi alla miseria che vedi e tocchi ogni giorno, qui, si lotta pe la sopravvivenza; per questo ho scelto di sostenere i progetti di Alice For Children, perché insieme, possiamo fare la differenza, come proteggere bambine dalla mostruosità di alcune persone, che non perderebbero tempo a sfruttarle, o violentarle, a proteggere i bambini dallo sfruttamento nella discarica di Dandora.
Da noi, questi bambini sono guidati, diamo loro due pasti al giorno e la possibilità di studiare e togliersi dalla strada.
Vivo a Dandora dal 2008, ho visto davvero di tutto, e una realtà selvaggia, oscura, popolata da persone vuote senza un briciolo di speranza a cui aggrapparsi. Ricordo bene che quando arrivai venni scambiato per una spia governativa o di qualche organizzazione, pronta a vendere tutto. Conquistarmi la loro fiducia non fu semplice, dovetti convincerli che non ero lì per derubarli, ma bensì per aiutarli, e dopo aver superato il primo ostacolo, dovetti affrontare quello più grande, ovvero, arrivare al cuore di famiglie disperate, distrutte, di famiglie pronte a tutto pur di mettere qualcosa sotto i denti.
Ricordo ancora uno dei miei primi casi. Lei si chiama Jennifer, una bambina malnutrita che viveva in discarica con la madre, che a sua volta era drogata e non poteva provvedere a lei. Così ho deciso di offrirle il mio stipendio di 600 scellini e iscrissi Jennifer a scuola, e dopo aver ricevuto adeguate cure, si riprese rapidamente, come tutti i bambini d’altronde; oggi Jennifer è una ragazza intelligente, motivata e soprattutto sorridente.
Adesso provate a immaginare il caso di Jennifer, moltiplicato per altre centinaia di vite, altre centinaia di bambini che affrontano realtà peggiori. La loro vita è piena di crudeltà, prostituzione e droga, sia le ragazze sia i ragazzi sono circondati dall’abbominio degli slums. Gente che vende e compra droga per diventare degli “eroi” criminali, visti anche paradossalmente dalle ragazze, come uomini di successo, perché “ricchi”, incredibile vero?
Da quando ho iniziato questa missione ho visto molte cose, troppe, ma non c’è soddisfazione più grande, di vedere i volti dei nostri bambini che si allontanano dalle baraccopoli, tutti i nostri insegnanti in prima linea per mostrare a classi intere, come noi vediamo il loro futuro per loro, il loro potenziale e le loro opportunità, lontani da un mondo barbaro che non perdona.
Quando iniziammo, molti bambini accorsero da noi, anche sé alcuni per breve tempo, in quanto affetti da malattie inspiegabili a causa delle loro condizioni di vita. L’ultimo caso risale a gennaio, quando da noi accorse una ragazza sola e ammalata, non capimmo cosa avesse, e in poco tempo è morta. Un altro caso invece, fu quello di Nachara, un ragazzo che abbandonò il progetto facendosi coinvolgere in attività criminali per finire sepolto nelle strade degli slums. Ci fu anche Eria, anche lui ragazzo, che fu portato in ospedale d’urgenza, ma da dove sparì senza più averne notizie.
Ci sono troppi nomi di bambini che hanno perso la vita a causa della sfortuna di nascere in un mondo marcio di cui non hanno colpe, sono troppe le famiglie a pezzi e annientate dalle droghe e dall’alcol, sono troppe le vite stroncate dai fumi della discarica, e dalle malattie dovute alle orrende condizioni ambientali.
Troppi gli orrori per essere dimenticati, e a complicare le cose, ci pensano le gang che controllano le zone, infatti, appena videro alcuni miei “movimenti” non persero tempo a chiedermi una mazzetta. Durante gli anni ho imparato ad avere a che fare con loro, però un criminale, resta un criminale.
Adattarsi a Dandora non è semplice, come non è facile adattarsi a tutti gli slums di Nairobi, ma il problema più grande è la mancanza di lavoro, e sé non riesci a trovare qualcosa che ti permetta di arrangiarti, l’ultima spiaggia è la discarica, un posto per i più disperati, per chi non sa dove altro andare, per farla breve è l’unico posto dove possono guadagnare, e il governo, invece di mettere fine a tutto questo, cosa fa? Scarica anche lui tutta la sua spazzatura in discarica, e ai tantissimi disperati non gli restano che armi e droga.
Dare speranza a Dandora e aprire una scuola non è stato semplice, affinché famiglie e bambini credessero in noi, abbiamo dovuto investire tempo e risorse per creare una struttura funzionante che ci ha permesso di arrivare agli animi di molte persone. Oggi, sono circa 400 i bambini che frequentano giornalmente le lezioni e ricevono tutte le adeguate informazioni sulla droga e sugli sviluppi della comunità, ma soprattutto proteggerli ed educarli, perché è una nostra responsabilità dare il massimo affinché questi bambini abbiano un futuro”.
Dal 2010 il governo del Kenya ha dichiarato satura la discarica di Dandora, eppure ad anni di distanza continua a funzionare nei suoi trenta ettari di orrore, più 10.000 persone coinvolte tra cui bambini, e quasi 2000 tonnellate di immondizia ingoiata ogni giorno, rendono questa immensa pattumiera sociale uno dei luoghi più nocivi al mondo.
A pochi passi dall’inferno di Korogocho raccontato da Padre Alex Zanotelli, è ancora lì, straripante e senza fine, a sbuffare i suoi fumi tossici nei polmoni di persone che nascono e vivono in baraccopoli e a 50 anni muoiono. Si tratta di una città nella città, un luogo oscuro, sporco e brutale nascosto nella spazzatura, un luogo popolato dal 55% da ragazzi e bambini.
Si tratta di una dimensione di chi non ha nulla, di chi ha perso tutto, di chi vive con meno di trenta euro al mese, raccogliendo rifiuti, plastica o vetro soprattutto, perché sono quelli che rendono di più. Troppi ragazzi lottano per sopravvivere in questo lerciume, e quando hai quindici anni, te ne fotti delle conseguenze, conta solo guadagnare quei pochi centesimi per un pasto.
Da quando fu aperta tutti gli scarti della capitale sono finiti qui. Questa è la storia di una sconfitta, questa, è la storia di un business da 30 milioni di euro.
Testo e Foto di Gerardo Fortino