Di Gerardo Fortino
Domenica, 14 maggio presso Corso Plebiscito, sotto le campane della Basilica di San. Francesco di Paola a Cosenza, si è concluso il memoriale in ricordo a Francesco e Giuseppe Faraca, in arte (Pino), campioni del ciclismo calabrese in Italia, entrambi uccisi da un glioblastoma che stroncò la loro vita nonché i loro sogni.
L’ex ciclista belga Eddy Merckx disse: Quando la strada sale non ti puoi nascondere.
Per Francesco e Pino Faraca, infatti, ogni loro salita era una sfida, un viaggio verso la scoperta di loro stessi, dei loro limiti e il raggiungimento di nuovi traguardi. Sin da giovane Francesco non poteva vantare origini benestanti, semplice e pronto a mettersi in gioco condivideva uno stanzone con i suoi quattro fratelli, e da uomo che vide la Grande Guerra, sapeva benissimo che racimolare qualche spicciolo non era semplice, soprattutto per chi voleva comprare una bicicletta, un sogno per alcuni banale, ma per Francesco era tutto. Puliva scarpe ai nobili sul corso principale, raccoglieva cartoni e tanto altro fin quando non ottenne il suo sogno, il suo primo amore, un amore che vide un volto nel giro d’Italia del 1949, Quando lo sguardo di Fausto Coppi incrociò quello di Francesco, si guardarono, si videro e Fausto Coppi lo salutò, e da quel momento la bicicletta divenne un’estensione della sua anima.
La sua vita però non fu esente da ostacoli, un uomo ricordato dalla città per i suoi sforzi, per la sua capacità di mettersi in gioco e per la sua abilità di non mollare mai, un uomo ricordato dai suoi nipoti come il “Nonno Panzerotto” poiché portava sempre loro gelati, ma anche un nonno amico, un nonno confidente, un nonno speciale pronto a sostenere i sogni in quanto grazie proprio a un suo sogno e al duro lavoro, Francesco divenne il campione in bicicletta. Cosenza, che da sempre è stata lontana dalla retorica delle grandi città del nord, non offriva molto a coloro che avevano un obiettivo, eppure Francesco non dubitò mai, ogni pedalata era un traguardo, ogni salita era una vittoria, ogni vittoria, era un motivo in più per tornare a casa da sua moglie, un amore conquistato grazie anche a quella sua bicicletta.
Un amore che il 29 agosto del 1959 portò Giuseppe Faraca. Giuseppe (Pino) per i cosentini era il ragazzo del Centro Storico che c’è l’aveva fatta, tra il 1976 e il 1980 ottenne 100 vittorie, nel 1980 vinse anche il giro della Campania e stabilì il record della scalata della BolognaRaticosa, un record che durerà fino al 2001. In seguito divenne professionista nel 1981 con la Hoonved Botecchia di Dino Zandegù diventando il secondo calabrese di sempre ad entrare nella massima categoria ciclistica dopo Giuseppe Canale. Passista-Scalatore, si aggiudicò la vittoria della cronosquadre al Giro d’Italia ottenendo la maglia bianca. Quale primo classificato nella graduatoria generale dei neo professionisti permettendogli di guadagnarsi un posto nella rosa dei candidati per i mondiali di Praga.
Purtroppo la sua determinazione e la sua forza non bastarono a impedire quella rovinosa caduta durante il Giro dell’Appenino che portarono a un coma di una settimana. Al suo funerale, le strade di Cosenza si chiusero, una città intera era a lutto, era in lacrime per un ciclista pittore. Ebbene si, la storia di Pino Faraca non parla solo di ciclismo, ma di una persona le cui poche parole avevano voce nell’arte.
Non ci volle molto tempo affinché i lavori di Pino divennero ben noti alla comunità sportiva, nonché anche agli appassionati d’arte. I suoi quadri che ho avuto il piacere di vedere nella sua personale galleria mi hanno lasciato senza parole, ogni suo quadro era un racconto, era un viaggio, così come fu un viaggio indimenticabile quello che fece incontrare Pino e Maria, la sua eterna fidanzata, il suo zainetto così come lei piace definirsi, proprio perché ovunque lui andasse, lei era li. La famiglia prima di tutto, così come la gioia di vivere. Nonostante quella tragica caduta Pino non mollò aveva quel sorriso ereditato dal suo papà, quel sorriso che oggi si può quasi toccare negli occhi dei bei bambini, dei colleghi, degli amici e dei suoi nipoti presenti in massa in una giornata che ricorda, non un ciclista, ma un artista in bicicletta.
Nella foto Mario Faraca e Michele Coppolillo.
Ph. Gerardo Fortino