L´istituzione del matrimonio in Italia è in forte calo, si sa. Secondo l´ultimo rapporto Istat sulla popolazione residente per stato civile, l’81% degli uomini e il 65% delle donne tra i 25 e i 34 anni non sono sposati. Il confronto tra gli ultimi dati e quelli del censimento del 1991 mette in evidenza profondi cambiamenti: in 28 anni i coniugati sono calati di 3 milioni a vantaggio di un corrispettivo aumento di celibi e nubili. Inoltre nella classe di età 45-54 anni quasi il 25% degli uomini non si è mai sposato mentre è nubile quasi il 18% delle donne. Si registra poi un aumento dei divorziati, più che quadruplicati dal 1991, principalmente nella classe 55-64 anni. Di contro aumentano le unioni civili, prevalentemente nelle grandi città, con Roma, Milano, e Torino in testa(quasi una unione civile su quattro).
Che il matrimonio non sia più un buon affare non lo dicono solo i numeri. È la stessa giurisprudenza in materia a confermarlo e ad affermarlo ogni giorno a colpi di sentenze. “Nel 2019 il matrimonio non può più essere considerato un win for life: anche nei casi di mariti o moglie abbienti, non esiste più la certezza di trarne una concreta utilità, a maggior ragione di durata vitalizia”, afferma l’avvocato Lorenzo Puglisi, Presidente e fondatore dell’associazione Familylegal.
Sono almeno cinque, secondo l’avvocato, i miti da sfatare sul matrimonio, che non lo renderebbero più un metodo sicuro e appetibile per garantirsi un futuro ´blindato´ ma, al contrario, potrebbero rivelarsi un boomerang da cui guardarsi.
1. Sposando una persona abbiente ci si assicura un alto tenore di vita in caso di separazione e/o divorzio
Non sempre sposare una persona ricca è sufficiente per garantirsi una rendita vitalizia. “Sempre più Giudici, infatti, sono orientati a ponderare le proprie decisioni in base alla durata del matrimonio e alle possibilità (anche solo potenziali) per il coniuge economicamente più debole di trovarsi un lavoro. Questo porta spesso all’esclusione dell’assegno di mantenimento per l’ex moglie (o l’ex marito) che, conseguentemente perde in sede di divorzio la possibilità di godere del 40% del TFR maturato dall’altro in costanza di matrimonio, nonché la pensione di reversibilità in caso di premorienza dell’ex coniuge”, spiega Puglisi. Per i figli vale un discorso a parte: gli assegni sono ancora previsti, pur venendo calcolati con criteri sempre più limitanti che tengono conto del tempo di frequentazione (più sono i giorni di spettanza paterna – tradotto – e meno il padre sarà tenuto a versare) nonché dei reali bisogno e delle effettive spese legate alla vita dei minori. Addio, quindi, agli assegni di manica larga calcolati su base forfettaria che tanto hanno contraddistinto gli anni 90.
2. Un coniuge può opporsi alla separazione o al divorzio e le cause durano all’infinito
La separazione e il divorzio in Italia rappresentano un diritto a tutti gli effetti. “Questo significa che, se uno dei due coniugi non è d’accordo, può tutt’al più rifiutarsi di sottoscrivere un’intesa consensuale rimettendo ad un Tribunale l’onere di disciplinare la fine della relazione”, puntualizza l´avvocato. Fino a qualche anno fa, i tempi delle cause giudiziali potevano raggiungere durate inaspettate di anni e anni. Oggi, fortunatamente, l’ausilio di sezioni specializzate e di Giudici onorari ha parzialmente ridotto il carico di contenziosi consentendo di diminuire la tempistica media che, anche nei casi più gravi, difficilmente supera i tre anni.
3. Il tradimento ha sempre un importante peso nella causa di separazione
L’interpretazione del dovere di fedeltà ha subito con il tempo una notevole evoluzione. La fedeltà, infatti, legata inizialmente a un aspetto prettamente sessuale e fisico e intesa come mera astensione da rapporti extraconiugali è andata con gli anni avvicinandosi a un concetto di fiducia, solidarietà e di rispetto della dignità dell’altro. Spiega Puglisi: “Per questo motivo, secondo la Cassazione, anche il solo flirtare telematicamente può già di per sé portare a un accertamento di responsabilità. Al tempo stesso, tuttavia, nelle aule di giustizia si registra la tendenza a riconoscere sempre meno l’addebito per infedeltà per l’impossibilità a determinare con certezza se l’adulterio sia stata la reale causa della fine di un rapporto e non invece il sintomo di un malessere già in corso”. Sempre più di frequente, quindi, le foto scattate con l´amante non fanno la differenza.
4. É facile per uno dei coniugi ottenere l’affidamento esclusivo dei figli
È noto che i figli di coppie in procinto di separarsi subiscano spesso pressioni per schierarsi con l’una o l’altra parte, a maggior ragione se causa della frattura coniugale sia stato l’adulterio da parte di uno dei due. Per alcuni genitori, infatti, è molto difficile separare il proprio risentimento personale dal reale interesse dei minori, il che porta inevitabilmente a strumentalizzazioni che non fanno che alimentare ulteriore tensione. “Chiedere l’affido esclusivo “perché il papà ha fatto soffrire la mamma” rappresenta per definizione l´istinto egoistico che caratterizza spesso il comportamento degli ex coniugi, poiché non tiene conto del fatto che un pessimo marito può tranquillamente essere un ottimo padre con il quale un bambino possa coltivare una relazione sana”. La deroga all’affido congiunto, quindi, può essere chiesta solo in casi gravissimi in cui si registra un totale disinteresse da parte del genitore o altre gravi forme di maltrattamenti o di dipendenze da alcol e droghe.
5. In seguito a separazione e/o divorzio i padri hanno un diritto di tenere con sé i figli più limitato rispetto alle madri e a queste ultime viene sempre assegnata la casa coniugale
Negli ultimi vent’anni i Tribunali hanno recepito le nuove sfaccettature e il cambiamento negli usi e costumi che contraddistinguono la realtà delle famiglie italiane, sempre più caratterizzate da tempi e spazi paritetici suddivisi fra entrambi i genitori. Questo porta inevitabilmente a superare lo schema tipico dei “papà a weekend alternati”, aprendo le porte a una potenziale equa ripartizione dei giorni di spettanza di ciascuno. Sempre più papà trascorrono infatti giorni infrasettimanali con i figli in aggiunta ai weekend, il che – come diretta conseguenza – porta alla diminuzione dell’assegno di mantenimento, posto che il genitore provvederà direttamente ai bisogni dei figli nei giorni e nelle ore di competenza. “Vero è che, ancora oggi nella maggior parte dei casi è la donna ad ottenere l’assegnazione della casa coniugale – solo ed esclusivamente in presenza di figli – è altrettanto innegabile, tuttavia che con l’equiparazione dei giorni di spettanza di papà e mamma e il venir meno dell’assegno mensile per il mantenimento diretto da parte di entrambi i genitori, tale assegnazione non è più scontata”, conclude Puglisi.