di Luca Meringolo
Da tanti anni, il calcio italiano sta affrontando numerose difficoltà. Non arriva la
vittoria di una Champions League da 13 anni (Inter 2010), una vittoria dell’Europa
League da 24 anni (Parma 1999) e nelle ultime due edizione del Mondiale, la
Nazionale azzurra non è riuscita a qualificarsi. Uno dei temi che più stanno segnando
le cronache è quello della gestione dei settori giovali. Ne parlo a tu per tu con
Eugenio Caligiuri, ex team manager, tra le altre, di Crotone, Cosenza, Eupen,
Salernitana e Padova.
L: Secondo lei quando cominciò la crisi nei settori giovanili italiani?
C: “La crisi nei nostri settori giovanili comincia con l’avvento delle grandi
multinazionali che comprano le società italiane, seguendo il modello di quello che
accade nel calcio inglese e in altri campionati. I proprietari di queste multinazionali
sono imprenditori, quindi non c’è un’accusa diretta nei loro confronti. L’errore c’è nel
momento in cui tutti i club, ad eccezione di realtà come l’Atalanta, approcciano
questa tematica con superficialità. Se guardiano le rose di molti club di Serie A e
Serie B troviamo molti stranieri, anche nei settori giovanili. Questo è un aspetto
positivo, per quel che riguarda il confronto tra i giovani, ma secondo me si sta
esagerando. Molto spesso i giovani servono per le plusvalenze”.
L: Tutto ciò influenza anche l’andamento della Nazionale?
C: “Toccando quel tema, non è possibile che l’Italia sia fuori da due edizioni
consecutive del Mondiale. Certo c’è stata la vittoria del Campionato Europeo, ma è
stata una parentesi. Se guardiamo molte Nazionali, anche loro hanno naturalizzato
molti stranieri. Osservando il modo di muoversi della FIGC, sembra che, oltre il
raduno necessario dei calciatori, ci siano delle giustificazioni per quel che riguarda le
spese per gli allenatori, ovviamente parlo a livello di settore giovanile”.
L: Il tema della Primavera era stato trattato anche da Pantaleo Corvino, DS del Lecce
e Campione d’Italia con la sua Primavera…
C: “Corvino sa scoprire i giovani, è la sua grande qualità. Con il suo Lecce ha vinto il
Campionato Primavera e ha dato un po’ di noia ai poteri del calcio. La sua Primavera
è costituita da molti stranieri. Però lui è costretto ad agire così, perché il Sud sta
perdendo una linea. Questo perché stanno nascendo molte scuole calcio e alcune
sembrano degli asili nidi per ragazzi adulti, vale a dire puntano a fare cassa. Esistono,
nelle scuole calcio, gli istruttori, che però diventano allenatori. Molti gridano in
panchina e non hanno il concetto degli errori dei ragazzi. I calciatori devono saper
saltare di testa e ci vuole molta coordinazione e queste cose vanno notate e corrette,
sono la base. L’allenatore si sta ponendo in primo piano, non sta aiutando i giovani a
crescere. E’ inutile rimproverarli durante la partita. Servono istruttori che non
permettano ai giovani di arrivare impreparati nelle varie Primavere. Il giovane, oltre
alle basi tecniche, deve capire i sacrifici necessari per poter diventare un calciatore.
Fondamentali sono il comportamento e l’educazione. Ultimamente U20 E U21 hanno
conquistato risultati migliori rispetto alla Nazionale Maggiore, ma non basta “.
L: Cosa propone per una gestione migliore dei settori giovanili?
C: Premessa, io non sono nessuno ma ho la stessa passione, per il calcio, di quando
avevo 18 anni. Servono budget di programmazione. Partendo dalle squadre
professionistiche, esse devono avere degli allenatori specializzati con un patentino, i
quali per 5 anni possono allenare solo i settori giovanili, senza avere la fretta di
allenare in altre categorie, retribuiti il giusto a livello di stipendio. Devono occuparsi
di calcio,non di altro”.
L: Massimiliano Allegri ha parlato, in passato, dell’insegnare la tecnica ai bambini,
mentre Stefani Pioli insiste spesso sul tempo effettivo delle partite di gioco. Possono
essere due soluzioni per la ripresa?
C: “Devono essere la base del calcio, nel momento in cui comincia una partita.
Allegri dice una cosa importante, va insegnata la tecnica nei bambini. Per allenare
nelle scuole calcio, basta seguire un corso provinciale, il quale rilascia un patentino.
E’ necessario invece seguire corsi importanti che durino ben più di un mese. Ai
bambini va lasciata la libertà di divertirsi con il pallone”.
L: Lei ha lavorato in Belgio per l’Eupen. Rispetto all’Italia, quali sono le differenze,
per quel che riguarda la gestione dei settori giovanili?
C: “In Belgio mi sono occupato della gestione dell’Under 19 (corrispondente alla
Primavera Italiana), la quale trovava linfa vitale nei vari campionati giovanili. Lì ho
modificato qualcosa, portando le mie conoscenze, formatesi nelle varie esperienze
italiane, partendo dalla Morrone, al Cosenza ecc ecc. In Belgio fanno capire che nel
calcio serve grande umiltà. Gli allenatori formavano i ragazzi e facevano capire loro
l’importanza di quello sport. Dai 9 fino ai 14 anni, i ragazzini si allenano solo con il
pallone . Dai 14 anni in poi c’è la tattica e gli esercizi atletici, ma prima no. I giovani
devono avere la mente libera e divertirsi, poi si capirà se sono in grado di fare i
calciatori professionisti o no. I ragazzi vengono accompagnati agli allenamenti della
Prima Squadra dai loro istruttori, ai quali possono rivolgere delle domande, per capire
meglio i dettagli”.
L: Le seconde squadre potrebbero essere una soluzione? Per il momento solo
Juventus e Atalanta hanno la seconda squadra…
C: “Atalanta guidata da Modesto, che io conosco benissimo, la quale ha perso la sua
prima partita. Lui viene dalla scuola Gasperini e quindi propone un calcio offensivo.
Questo è giusto. I calciatori così si abituano mentalmente a giocare come vuole
l’allenatore e sono pronti all’impatto con la prima squadra. Secondo me dovrebbe
essere obbligatorio, per le 7-8 squadre più forti della Serie A, l’avere la Seconda
Squadra. In B ad esempio la Federazione si sta muovendo bene, in base al minutaggio
dei giovani calciatori italiani ci sono dei bonus. Questo sistema è utile per la
formazioni dei calciatori e anche per le plusvalenze”.
L: Spesso noto che nelle categorie professionistiche, ci sono calciatori che esplodono
tardi come Messias, i quali si ritrovano a giocare tra i dilettanti. Come mai accade
questo?
C: “Hai toccato un argomento molto importante. Quando ho guidato alcuni settori
giovanili italiani, mi sono confrontato con la realtà del nostro calcio. Mi è capitato di
avere anche delle idee e delle visioni diverse rispetto ad altri. Oggi ci sono troppi
procuratori e alcuni genitori che fanno sognare troppo i giovani. Spesso la pressione
causata dai genitori, fa perdere i ragazzi all’interno dei settori giovanili. Devono
essere le società a decidere per i giovani calciatori, non i genitori. Molti vengono
svincolati, oppure finiscono in prestito alle squadre dilettanti. Ricordiamo che
Torricelli è passato dai dilettanti alla Juventus, con la quale ha vinto tutto. Chi non
riesce ad esprimersi in Primavera può ritrovarsi in Serie D e formare quel carattere
necessario a giocare, con continuità, ad alto livello. Ad Ursino segnalarono Messias
che lo fece seguire, arrivò a Crotone e poi passò al Milan”.
L: Immagino sia importante avere occhio e saper individuare i giovani?
C: “Ti porto un esempio che mi riguarda da vicino. Fui io a portare Salvatore Miceli a
Cosenza, da responsabile del settore giovanile. Quando arrivò all’apice della
Primavera c’era il dubbio se portarlo o meno, in ritiro con la prima squadra del
Cosenza. All’epoca io ero passato in prima squadra e consigliai a Franco Gagliardi,
all’epoca allenatore del Fasano, di portarselo con sé, per poterlo testare. A Miceli
mancava quello step successivo e a Fasano fece un campionato eccezionale, giocando
davanti la difesa . Rientrato a Cosenza venne lanciato da Zaccheroni in prima squadra
e fece delle grandi stagioni insieme a De Paola, nel centrocampo rossoblù. Acquistai
Miceli dall’Amantea per 1 milione di Lire, più 20 palloni e venne rivenduto al
Venezia per 3,8 miliardi di Lire. Stessa cosa successe con un altro calciatore, Stefano
Morrone. Io riuscì a convincere Sonzogni e Castagnini a tenerlo con noi.
Successivamente fu ingaggiato dall’Empoli in compartecipazione con la Lazio. Nelle
casse del Cosenza arrivarono quasi 4 milioni di Euro”.