di Luca Meringolo
Filippo Galli ha un palmeres ricchissimo: 5 Scudetti, 3 Champions League, 4 supercoppe Italiane, 3 Supercoppe Europee e 2 Coppe Intercontinentali. Ha vissuto da protagonista gli anni di Arrigo Sacchi e Fabio Capello sulla panchina del Milan.
Come si è avvicinato al calcio?
“Ho sempre giocato dall’età di 9 anni con gli amici, per strada, nei campetti o nei cortili. Dai 6 ai 10 anni ho fatto ginnastica artistica e solo a 13 anni mi sono iscritto nella società del paese in cui abitavo”.
Quanto è stato importante l’anno a Pescara per la sua crescita personale?
“Fondamentale! Ho trovato una clima ideale per un giovane e un allenatore come Tom Rosati che mi aiutò molto”.
Cosa le hanno trasmesso Ilario Castagner e Nils Liedholm come allenatori?
“Castagner fu il primo a darmi fiducia ad alti livelli e fu molto attento nel capire quando utilizzarmi e quando aspettare. Liedholm fu un maestro, insegnò i principi della zona anche se poi mi utilizzò nella marcatura a uomo dell’avversario più temibile”.
Nell’estate del 1987 arriva Arrigo Sacchi scelto da Berlusconi. Che rivoluzioni ha introdotto per poter creare quel Milan che ha dominato l’Europa e il Mondo?
“Grande cultura del lavoro, ma qui trovò un gruppo che in quell’ambito era unico. Si lavorava molto dal punto di vista atletico ma soprattutto dal punto di vista strategico, ancor di più nel lavoro difensivo”.
Delle tante vittorie di Sacchi, quale ricorda in particolare con maggiore affetto?
“La vittoria del primo Scudetto 1988”.
Nell’estate del 1991 c’è il passaggio da Sacchi a Fabio Capello. Quali differenze sulla visione di calcio e tattica tra i due?
“Capello capì che non occorrevano rivoluzioni. Seppe rimotivare alcuni giocatori e forse, lasciò più liberi gli attaccanti da compiti difensivi. Italo Galbiati, allenatore in seconda con entrambi fu davvero importante affinché non si perdesse una certa modalità di lavoro”.
1994, anno del double Scudetto-Champions League, come avete preparato la partita finale contro il Barcellona?
“Con grande attenzione e scrupolo ma direi fosse scontato! Sapevamo della forza del Barcellona e del fatto che le nostre assenze avrebbero potuto pesare. Ne uscì la partita perfetta”.
Reggiana, Brescia, Watford e Pro Sesto dopo il Milan. Cosa ricorda di queste nuove esperienze?
“Ognuno a suo modo è stata importante. A Reggio pesò la retrocessione e il fatto che il club stava impegnando le sue risorse nel nuovo stadio di proprietà. Brescia un ambiente caldo, unico che diede gli stimoli giusti per il ritorno in A. Poi il Presidente Corioni, il ds Pederzoli, il team manager Piovani e tutti i compagni. Di Watford il fascino del calcio inglese, gli stadi e Vicarage road. Della Pro Sesto il ricordo del Presidente Pasini e del figlio, tutti con una grande passione e, naturalmente tutti i compagni dal più giovane al più anziano ed infine Mister Trainini!”
Quale avversario è stato più difficile da marcare in carriera?
“Tanti! Se devo sceglierne 1, dico Maradona ma anche Paolo Rossi era complicato!”
Secondo lei, chi è stato il compagno di squadra più forte con cui ha giocato?
“Il CAPITANO Franco Baresi”.
Con quali compagni di squadra ha mantenuto e mantiene ancora oggi un’amicizia fuori dal campo?
“Virdis, Giovanni Galli, Tassotti, Nuciari, Van Basten, Donadoni, i Filippini, Adani e, sicuramente ne dimentico molti. Diciamo che con quasi tutti ho buoni rapporti”.
Lei per 14 anni, dal 2004 al 2018 ha lavorato al Milan come dirigente, come giudica il suo lavoro in quel periodo?
“Dal 2004 al 2008 in varie vesti, come allenatore poi dal 2009 al 2018 come responsabile del settore giovanile. Il giudizio non spetta a me”.
Di quali calciatori, cresciuti nel settore giovanile del Milan, durante il suo periodo da dirigente è rimasto particolarmente soddisfatto per l’evoluzione della loro carriera?
“Preferisco non fare nomi, sono legato a tutti, a quelli che sono arrivati a giocare ad alti livelli a quelli che invece si son fermati prima, a quelli con cui si è instaurato un bel rapporto così come a quelli con cui sono nati contrasti”.
Se dovesse dare un consiglio ai ragazzini che si avvicinano al mondo del calcio, quale sarebbe?
“Preferisco darlo ai genitori: esigete che le società vi spieghino gli obiettivi e come intendono raggiungerli. Chiedete di essere informati e formati. Questo vi potrà servire per aiutare i vostri figli nel percorso di crescita. Sappiate però che vi metterà di fronte ad ulteriori responsabilità. Penso però che sia doveroso”.
Nell’evoluzione del gioco, cosa preferisce della sua epoca rispetto ad oggi e cosa preferisce del gioco moderno rispetto a prima?
“Che si giochi un calcio propositivo, coraggioso o almeno che qualcuno lo giochi con il pensiero che sia vincente”.
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