di Luca Meringolo
L: Come si è avvicinato al mondo del calcio?
C: Come tutti i bambini che giocano a calcio negli oratori. Poi andai a una società e successivamente venni scelto dal Milan e feci tutta la trafila dal settore giovanile alla prima squadra.
L: Parlando della sua esperienza al Milan, tra le altre cose lei ha vissuto l’anno della stella del 10° Scudetto, che cosa può dire di quella stagione?
C: Nonostante il calcio fosse diverso, non c’erano i giocatori internazionali, era comunque un ottimo Milan con un allenatore, Nils Liedholm, che secondo me faceva la differenza. Fu uno scudetto vinto anche grazie all’allenatore perché già allora nel 1979 praticavamo un gioco abbastanza moderno; per esempio cercammo di liberarci dalla marcatura ad uomo anche se la vera rivoluzione avvenne negli anni 80 con il “sacchismo”.
L: Lei ha partecipato al Mondiale del 1982, dove la nazionale non partì benissimo: vi furono critiche per il gioco e per i risultati, però poi ingranaste nelle partite più difficili…
C: Sì, diciamo che il percorso della nazionale è sempre un po’ così, quando ci sono competizioni come Mondiali ed Europei diventiamo tutti tifosi e osservatori dell’Italia. Il nostro percorso inizialmente è stato molto criticato poi in salita ma, poi, abbiamo battuto l’Argentina, il Brasile e la Germania in finale vincendo il mondiale. A quel punto vi fu l’esaltazione in Italia perché eravamo riusciti a battere l’Argentina di Maradona, il Brasile di Zico e la Germania di Rumennigge che erano tra le Nazionali più forti. Ovviamente non è mai facile giocare in Nazionale e subire le critica di 50 milioni di italiani, mi auguro che la nostra nazionale si possa riprendere: anche se c’è meno qualità di una volta, il gruppo potrebbe fare la differenza anche se le qualità individuali sono importanti.
L: Dopo il mondiale passò all’Inter dove fece buone stagioni ma non si fece un buon bottino, che cosa è mancato a quell’Inter per essere vincente?
C: Io, quando mi fanno questa domanda ci ripenso e ancora non riesco a crederci: era un Inter con Altobelli e Rumenigge in avanti, Oriali e Bagni a centrocampo, Bordon e Beppe Baresi, oltre a molti giocatori della Nazionale. Siamo sempre arrivati nelle semifinali di Coppa Uefa ma non siamo mai andati oltre, in 4 anni non abbiamo vinto nulla! Era una squadra forte che però forse si accontentava e forse serviva una mentalità diversa da parte di tutti, anche da parte dell’allenatore, probabilmente.
L: Dopo l’Inter lei è andato a Udine e poi a Roma, dove ha ritrovato il barone Nils Liedholm…
C: L’Udinese è stata una tappa di passaggio, poi andai a Roma perchè Liedholm mi volle a tutti i costi e anche lì feci 2 stagioni di passaggio anche perché mi consideravano già allora sul viale del tramonto. Nonostante ciò feci altre 4 stagioni alla grande al Genoa, dove conquistammo il 4° posto (miglior risultato del Genoa dopo gli scudetti) e la semifinale di Coppa Uefa nel 1991/92. Avrei potuto vincere di più, magari restando molti più anni in una società: la fortuna è anche capitare nei cicli giusti, ma ho preferito fare le scelte che ritenevo più consone a me. Mi sento uno spirito libero, infatti anche oggi come allora mi piace viaggiare e non stare fermo, infatti nonostante viva a Milano vado molto a Roma, a Napoli e in Sicilia.