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Il buongiorno di Kliché
Home›Il buongiorno di Kliché›Tecnologia contro il gioco d’azzardo

Tecnologia contro il gioco d’azzardo

By klichei
Febbraio 8, 2018
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Lo studio sul gioco patologico si arricchisce dell’apporto dell’intelligenza artificiale che potrà far capire se si è inclini o meno a sviluppare questa patologia. L’importante obbiettivo è perseguito da un team di ricerca che vede tra gli autori un ricercatore dell’università della Calabria, Danilo Lofaro, coautore dello studio, insieme con un team di lavoro che ha visto l’analisi svolgersi tra Milano, Catanzaro e Cosenza. La ricerca ha previsto la compilazione di un database con aspetti e peculiarità caratteriali appartenenti a soggetti sani e a coloro che presentano la patologia in oggetto. Ciò ha permesso la comparazione di profili differenti, raggruppando coloro che hanno partecipato all’iniziativa per caratteristiche. Il calcolatore ha avuto a disposizione 6000 dati in base ai quali cercare dei riscontri fino a definire il profilo tipo del giocatore patologico. In base allo studio condotto dalla sede dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del CNR di Catanzaro e dall’Unical è stato reso noto che corrono un maggior rischio di diventare giocatori patologici quelle persone inclini alla ricerca di soddisfazioni immediate, tendenzialmente impulsive, con una bassa apertura mentale e una limitata coscienziosità e con un alto tasso di sfiducia verso gli altri. L’individuazione di questo profilo segna un passo avanti nello studio che da decenni cerca di migliorare la situazione dei ludopatici e delle famiglie che vivono il dramma della dipendenza da gioco. Lofaro e Caresa, autori della ricerca, sono partiti dal presupposto che ci sono molti fattori che determinano la caduta nel vortice del gioco patologico. Il loro studio, però, per la prima volta, mette al vaglio l’opportunità di sfruttare l’intelligenza artificiale per approfondire i profili di personalità disfunzionali che rendono determinati soggetti più vulnerabili al gioco e alle situazioni che si collegano ad esso. La ricerca è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista di settore Journal of Neuroscience Methods.

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