di Luca Meringolo
- Lei ha inizato a giocare nel Catanzaro, cosa si ricorda di questa esperienza?
M: “È un’esperienza che ricordo con piacere, lì sono arrivato alla tenera età di 14 anni, ero molto giovane e alla mia prima esperinza fuori da casa e dalla mia città. Esperienza che mi ha fatto maturare prima di quello che dovevo maturare. È stata la società trampolino di lancio della mia carriera”.
- Grazie al Catanzaro lei approda alla Reggiana, all’epoca nel campionato più bello del mondo e si rende protagonista di un gol storico contro il Milan che vale la salvezza…
M: “Sì, Ho avuto la fortuna di arrivare alla Reggiana e non in altre squadre e dico questo perche Reggio Emilia era ed è una piazza tranquilla, che lascia crescere i giovani con serenità e senza pressione cosa che è successa anche a me. Mi sono ritrovato dalla C alla Serie A: un salto enorme, con campioni e fuoriclasse straordinari, però sono riuscito con l’aiuto della società, dei tifosi e della città a sopperire a questo aspetto”.
- Basti pensare che nella sua squadra c’era un certo Taffarel che era Campione del Mondo…
M: “Sì, c’erano anche tra gli altri Paolo Futre, Johnny Ekström, Michele Padovano ecc. Era una squadra che doveva salvarsi, ma aveva un bel pò di campioni, poi un giovane si rafforza con i giocatori d’esperienza e loro sono stati importanti perchè con i loro consigli mi hanno sicuramente aiutato”.
- Successivamente c’è il passaggio alla Lazio, che in quel periodo lì stava crescendo e diventando una big, c’erano calciatori giovani come Nesta, Favalli. Secondo lei che ha vissuto quella realtà: si vedeva che Cragnotti aveva ambizioni di vincere?
M: “Assolutamente sì, anche perchè e io lo dico spesso, quel gruppo lì era veramente straordinario. Aveva 11 su 11 che erano Nazionali, chi Nazionale Croata, chi Nazionale Italiana, Nazionale Olandese (c’era Winter), l’elenco ora è lungo, però si vedeva che aveva impostato la squadra per fare qualcosa d’importante, l’anno prima ci andarono vicini, perchè arrivarono secondi in campionato dietro la Juventus. C’erano le basi e infatti 4 anni dopo vinsero lo Scudetto”.
- Lasciata la Lazio c’è l’approdo alla squadra della sua città: il Napoli, che per gran parte della stagione guidato da Gigi Simoni in panchina fece uno splendito torneo. Poi però ci fu l’esonero, come venne vissuto dallo spogliatoio?
M: “È stato un anno particolare in una situazione sicuramente strana, la società già peggiorava in quegli anni lì con Ferlaino e questo si vedeva. Quella decisione lì fece rompere il “giocattolo” e ruppe degli equilibri che si erano venuti a creare nello spogliatoio e infatti perdemmo la Finale di Coppa Italia contro il Vicenza e rischiando la retrocessione. Nell’ultima giornata grazie alla vittoria proprio contro il Vicenza riuscimmo a vincere e a risollevarci da una situazione di classifica molto difficile”.
- Nel 1999/2000 lei andò al Perugia e tutta la squadra fu protagonista nel famoso nubifraggio che fece perdere lo scudetto alla Juventus…
M: Sì, c’era Mazzone, il decano degli allenatori con la sua esperienza da vendere. Un anno sicuramente importante e anche lì fior fiori di giocatori, c’era Ibrahim Ba, Melli, Materazzi, Nakatà, Calori che fu l’autore del gol alla Juventus che ci fece addirittura arrivare in zona Intertoto”.
- Lei ha giocato anche nel Brescia e ha giocato tra gli altri con Baggio, con giovani come Pirlo, Toni e anche con un certo Guardiola per qualche mese. Si vedeva che Guardiola aveva delle doti per diventare un allenatore?
M: “Assolutamente sì, di solito i centrocampisti sono degli allenatori in campo, non mi aspettavo diventasse un allenatore così all’avanguardia! Però si vedeva che aveva le idee e la mentalità per fare l’allenatore, andava molto d’accordo con Mazzone, vedevi che studiava la sua metodologia. Secondo me il suo intento quando è venuto in Italia era quello di studiare la mentalità, la metodologia di alcuni allenatori Italiani, per poi modificarla e farla sua e questo è servito tanto. Inoltre all’epoca con tutti quei campioni si lottava per non retrocedere e solo questo fa capire la qualità che c’era nel campionato di Serie A. Quell’anno lì riuscimmo ad arrivare in Intertoto, partimmo per non retrocedere, ma facendo una grande cavalcata arrivammo a quel traguardo”.
- Quell’anno lì Pirlo fa il lancio per Baggio che salta Van Der Saar e segna il gol dell’1-1 contro la Juventus…
M: “Quelle sono delle situazioni che solo i campioni possono inventare, era una giocata che Roby (Roberto Baggio, n.d.r.) aveva e la faceva con una semplicità unica, il lancio di Pirlo e il controllo di Baggio vengono fatte con una semplicità unica”.
- Dopo vari anni di carriera si è dato al Beach Soccer, che esperienza è stata?
M: “È stata un’esperienza sicuramente divertente, mi ha dato la possibilità di capire se potevo fare l’allenatore perchè, oltre a giocare, ho fatto l’allenatore della Nazionale e in quegli anni ho capito che potevo allenare. L’anno scorso ero con la Beretti del Padova che quest’anno ho lasciato. Al momento cerco qualche squadra da allenare da solo o facendo il vice a qualche collega”.
- Tra tutti i calciatori con i quali ha giocato, se lei dovesse scegliere il più forte, chi sceglierebbe? Forse proprio Baggio?
M: “Risposta semplice, Roby è stato il calciatore simbolo del calcio Italiano, ma non solo per le grandi giocate, ma per la semplicità che aveva dentro e fuori dal campo”.