Testo e foto di Gerardo Fortino
Molti sognano l’Africa. I suoi colori, i suoi profumi e ovviamente tutti almeno una volta nella vita, probabilmente, hanno sognato di vedere con i propri occhi quel mondo animale che per anni ha riempito gli schermi dei nostri televisori.
Chi mette piede sul suolo africano, difficilmente può rinunciare al richiamo di uno dei tanti safari che ricoprono il territorio, tra cui il Ngorongoro Crater, una delle meraviglie del paese. Sto parlando di un’area naturale protetta della Tanzania che si estende nella pianura di Serengeti, a nord-ovest della città di Arusha e ad est del Parco del Serengeti. Questo cratere si trova a 2200m di altitudine, misura 16km di diametro e occupa in totale un’area di 256km quadrati.
Le origini del cratere sono piuttosto remote, la sua scoperta risale al XIX secolo quando l’esploratore austriaco Oscar Baumann arrivò su quel territorio che da quel momento fu sfruttato in molti modi. Fu nel 1951 che gli inglesi istituirono il Parco Nazionale del Serengeti, includendo l’area di Ngorongoro e proteggendola dal bracconaggio intensivo. Nel 1959 fu istituita la Conservation Area del Ngorongoro, cambiando di fatto la destinazione del terreno che preservarono la flora, la fauna ed anche i diritti delle popolazioni indigene dell’intero sito. Gli obiettivi furono sia di conservare e salvaguardare l’intera area naturale, che quello di promuovere il turismo.
Nel 1979 il Cratere di Ngorongoro fu riconosciuto come Patrimonio dell’Umanità e fu iscritto nella lista delle Riserve della Biosfera dall’UNESCO e nel 2010 gli fu riconosciuto anche lo status di Area di Conservazione Culturale.
Accantoniamo l’aspetto burocratico e parliamo adesso delle origini remote di questo cratere. Le sue origini affondano nel passato remoto, all’interno dell’area del cratere si trova uno dei siti archeologici più importanti al mondo. Sto parlando della Gola di Olduvai. Milioni di anni fa qui si trovava un lago, le cui sponde, secondo alcuni studi, furono ricoperte da successive stratificazioni di cenere lavica provenienti dai vulcani della zona che all’epoca erano tutti attivi. Solo 500.000 anni fa, una forte attività sismica iniziò a creare delle crepe profonde nelle rocce sedimentarie, e con ciò si iniziarono a rivelare le stratificazioni nelle pareti della gola che si è venuta a formare.
Ma questo non è tutto. Infatti, quando geologi e archeologi iniziarono a interessarsi a questa gola, mentre ne ricostruivano la storia geologica, scoprirono in alcuni strati rocciosi, resti di ominidi e animali estinti che permisero di scrivere, anche se parzialmente, la storia dell’umanità degli ultimi 3 milioni di anni.
Oggi il cratere ospita una moltitudine di specie animale, tra cui leoni, zebre, gnu, elefanti, rinoceronti, ippopotami e altro… tutti perfettamente integrati in questo luogo fuori dal mondo. Un silenzio ricopre l’intero sito, e tutto ciò che si può udire proviene solo dai miti e incantevoli suoni della natura. Poter percorrere quei sentieri conferisce uno strano senso di quiete. È come far parte di un quadro ricco, variegato dalle molteplici pennellate di colori che conferiscono sfumature e contrasti che difficilmente si possono vedere altrove. Poter ammirare la profondità del Cratere di Ngorongoro fa inevitabilmente pensare al fatto che a questo mondo ci siano ancora dei luoghi incontaminati che riscattano la scelleratezza del genere umano in tutti quei casi in cui ha devastato e lasciato la sua importa in ambienti che non ha compreso appieno.